Nel quinto e conclusivo capitolo della rubrica inerente Dispositivi di Rete ci occuperemo di un dispositivo chiamato Hub.
Anche qui, così come per gli altri dispositivi coinvolti nella formazione di una rete, la confusione tra studenti e “addetti ai lavori” regna sovrana. Per molti non c’è alcuna differenza tra Hub e Switch, altri si limitano a definire anch’esso “un distributore di porte ethernet” o “quello che bisogna comprare quando hai finito le porte ethernet del router“. Cosa c’è di vero? Poco, per non dire nulla. La superficialità con la quale vengono considerati questi dispositivi è, nel 90% dei casi, alla radice dei più grossi problemi di configurazione che incontriamo quotidianamente.
Ci teniamo a precisare che, attualmente, l’Hub è un dispositivo considerato obsoleto, poiché largamente soppiantato dall’uso degli switch di rete. Dal 2011, l’utilizzo di Hub o ripetitori per connettere reti di calcolatori è deprecato dallo standard IEEE 802.3. Questo però non vuol dire che non esistano reti ormai datate che sono ancora funzionante con questi dispositivi. Capirne e assimilarne il funzionamento è senz’altro utile.
Come già ampiamente spiegato per lo Switch, l’Hub ha un compito ben preciso: a differenza del fratello più intelligente che si comporta da “commutatore”, l’Hub è un “concentratore” o “elemento centrale”. Si tratta, infatti, di un dispositivo di rete che funge da nodo di smistamento dati di una rete di comunicazione organizzata con una topologia a bus o a stella. Per aiutarvi a capire, dove abbiamo sentito in lungo e in largo la parola “Hub”? Sì, a proposito dei punti di vaccinazione per il Covid-19. Cos’è un Hub vaccinale? Non è altro che un punto in cui si concentrano i cittadini che devono vaccinarsi. In altre parole, è l’elemento centrale di una campagna di immunizzazione perché grazie ad esso è possibile somministrare le dosi di vaccino.
Dal punto di vista tecnico, l’Hub è un dispositivo di rete piuttosto semplice. Esso, infatti, si limita a inviare i pacchetti ricevuti da uno dei PC collegati a tutti gli altri PC in rete. In altre parole, questo dispositivo si limita a direzionare il traffico di rete senza attribuire ad esso nessun significato e senza effettuare nessuna elaborazione, quindi tutti i computer connessi all’Hub ricevono esattamente gli stessi pacchetti di dati. Il problema è che ogni computer che riceve tutti i pacchetti, tiene soltanto quelli a lui effettivamente indirizzati (pacchetti utili), scartando tutti gli altri. Così facendo, si capisce immediatamente che lungo i fili si viene a creare un traffico tanto eccessivo quanto poco funzionale. I dati in arrivo su una qualsiasi porta dell’Hub vengono inviati a tutte le altre in maniera diffusa: questo tipo di operazione viene chiamata “broadcasting“. Funzionando come ripetitore multiporta, l’Hub consente di implementare facilmente una Rete con topologia logica a bus. Il problema, però, rimane sempre quello: senza protocolli di instradamento e ottimizzazione del traffico. in reti mediamente complesse rappresenta un ulteriore collo di bottiglia per il traffico.
Riguardo alla trattazione del segnale, l’Hub attivo generalmente riceve un segnale debole e lo amplifica in uscita a tutte le porte. Per questo motivo, la propagazione del segnale può essere garantita a lunghe distanze senza eccessivo degrado. L’Hub passivo, invece, è realizzato mediante semplici collegamenti elettrici e, non occupandosi dell’amplificazione del segnale, non necessita di alimentazione esterna. Oltre alla tipologia attiva e passiva, esiste anche una terza categoria di Hub: quella ibrida. Questo tipo di dispositivo permette di collegare dispositivi di rete che abbiano differenti tipologie di cavo. Una sotto classificazione dell’Hub, è quella del cosiddetto Hub-root (radice): in questo caso, il dispositivo viene disposto al centro della stella e, ad esso, sono connessi solamente altri Hub o Switch. La particolarità dell’hub-root rispetto ai normali hub, consiste nel non avere collegamenti diretti con i terminali.
La maggior parte degli Hub rileva eccessive collisioni e jabbering su singole porte. Quando parliamo di “Jabber”, parliamo di uno degli errori più frequenti all’interno di una rete di comunicazione ethernet. Esso è definito come “un nodo che impegna il canale di trasmissione per un tempo maggiore della finestra di trasmissione massima per un pacchetto ethernet” . A seconda della topologia fisica, il rilevamento del jabber e il rimedio sono differenti. Si tratta di argomenti molto complessi che vanno oltre l’ambito di questo corso e che quindi non tratteremo per evitare di rendere le cose troppo complicate.
Sempre nell’ottica dell’individuazione e della gestione delle avarie, una rete ethernet a doppino intrecciato basato su Hub è una soluzione generalmente più robusta rispetto all’Ethernet basato su cavo coassiale (ad esempio 10BASE2), in cui un dispositivo malfunzionante può influire negativamente sull’intero dominio di collisione. Anche se non partizionato automaticamente, un hub semplifica la risoluzione dei problemi in quanto gli hub rimuovono la necessità di risolvere i guasti su un cavo lungo con più prese. I led di stato presenti sull’hub possono indicare la possibile fonte di problemi (un led spento indica che da quella porta non c’è passaggio di dati) o, in ultima istanza, i dispositivi possono essere scollegati da un hub uno alla volta molto più facilmente che da un cavo coassiale.
Come detto in apertura di articolo, l’Hub è un disposiivo ormai obsoleto nelle reti moderne, quindi sarebbe poco utile fornirvi consigli per gli acquisti. Volendo però tirare le somme, possiamo dire che l’Hub è un dispositivo adatto a una rete di piccole dimensioni, come ad esempio quelle domestiche con due o tre PC collegati oppure un piccolo ufficio. Nel caso in cui si parli di una rete con 30 o 40 PC, come potrebbe essere quella aziendale, l’Hub risulta una soluzione totalmente inadeguata, perché il traffico generato sulla linea è talmente congestionato che ritardi e collisione dei pacchetti fanno crollare le prestazioni di rete. Per questo motivo, è molto più funzionale utilizzare uno Switch, in modo tale da programmare adeguatamente l’indirizzamento dei pacchetti in maniera capillare e selettiva.
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