Robotica – È la forma a seguire sempre la funzione

Robotica

La forma segue sempre la funzione rappresenta un principio di progettazione comune nel XIX e XX secolo. Ma vale ancora nella robotica?

L’architetto Louis Sullivan ammirava pensatori razionalisti come Thoreau, Emerson, Whitman e Melville. Nel 1896, Sullivan coniò la frase in un articolo intitolato “The Tall Office Building Artistically Considered”, sebbene in seguito attribuì l’idea centrale all’architetto, ingegnere e scrittore romano Marco Vitruvio Pollione, che per primo affermò nel suo libro De architectura che una struttura deve esibire le tre qualità di firmitas, utilitas, venustas, cioè deve essere solido, utile, bello.

Il concetto venne immediatamente associato a nuovi settori dell’industria, quali la progettazione del prodotto, il software engineering, il disegno automobilistico e così via.

R.U.R.

Rossum’s Universal Robots è considerata la prima opera di fantascienza in cui compare il termine “robot”, pubblicato nel 1920 dallo scrittore cecoslovacco Karel Čapek. I robot descritti nell’opera teatrale di Čapek non sono robot nel senso comunemente inteso di automa. Non sono dispositivi meccanici, ma organismi biologici artificiali che possono essere scambiati per esseri umani. Il termine “robota” in ceco significa lavoro forzato, ed offre lo spunto per comprendere il dramma della disuguaglianza sociale.

Robotica

Nel testo di RUR possiamo vedere chiaramente i principi di Sullivan, in cui la forma segue la funzione: il “robot” è creato infatti ad immagine dell’essere umano per svolgere al suo posto i lavori più faticosi, quindi la forma dell’automa è indistinguibile da quella dell’essere umano. In seguito si utilizzerà il termine “androide” o “cyborg” per definire un soggetto in parte meccanico ed in parte elettronico.

Robotica ed etica

L’utilizzo di una “persona” meccanica (ove persona è qui termine derivante dal latino, con il significato di “maschera teatrale”, o per estensione “copia di un individuo umano”) riporta immediatamente il filosofo a porsi domande sui principi etici e morali che sottendono all’utilizzo di forme senzienti asservite in schiavitù: Eando Binder conia le tre leggi della Robotica nel suo racconto “I, Robot” già nel 1939 per evitare che una forma meccanica possa arrecar danno ad un essere umano, condannando così definitivamente il robot ad un rapporto di sudditanza nei confronti dell’Uomo.

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Il successivo lavoro di raffinamento delle tre leggi, operato da Isaac Asimov, rese il cervello positronico e le azioni del robot più simili a quelle umane, ma solo al termine dei cicli di Fondazione e Robot abbiamo una rappresentazione plastica della parificazione etica tra uomo e robot passando attraverso vicende alterne. Ricordiamo ad esempio “Helen O’Loy” di Lester Del Rey, “Requiem automatico” di Robert Sheckley  “Abissi d’acciaio” e “Perché tu ne prenda cura” dello stesso Asimov. Persino la serie televisiva Star Trek approfondì il tema nell’indimenticabile episodio “The measure of a man” (nono episodio della seconda stagione), in cui l’androide Data rischia di essere smembrato per studio in qualità di oggetto appartenente alla Federazione.

Etica ed estetica

Due sono gli elementi che ci portano a considerare una macchina come un essere vivente: il suo aspetto esteriore ed il suo (apparente) modo di pensare.

Grazie ad un fattore tipicamente umano, l’empatia, siamo portati ad aiutare con maggior volontà coloro nei quali ci riconosciamo, i portatori di idee e concetti simili ai nostri. Il bello ci fa meno paura del brutto, il simile ci risulta più accettabile del dissimile. Ecco quindi che si innesca il perverso gioco dell’imitazione, nel quale una creatura sintetica suscita in noi diffidenza quanto più risulta simile al nostro concetto di essere umano. Perché il bello-e-dissimile ci appare paradossalmente falso, e perciò stesso malvagio. E non c’è nulla di più dissimile a noi di una mente artficiale.

Robotica

Un saggio contenuto nell’antologia “L’Io della Mente”, a cura di Douglas Hofstädter e Daniel Dennet, rappresenta il cortocircuito che si scatena nel nostro schema di pensiero in questi casi. Il saggio è intitolato “L’anima dell’Animale Modello III”, scritto da Terrel Miedaner, e il sottotitolo recita “Non è sempre facile sapere chi o che cosa abbia delle sensazioni o dei sentimenti”. In breve, pone la domanda seguente: “Quando un comportamento è diretta conseguenza della percezione della realtà, e quando invece è semplice proiezione delle impressioni dell’osservatore?”

Q.U.R.

Q.U.R. (Quinby’s Usuform Robots) è un racconto di fantascienza scritto da Anthony Boucher nel 1948. Il titolo è un evidente riconoscimento dell’opera di Čapek, ma il piglio è decisamente sbarazzino. Mentre la commedia R.U.R. è un po’ forzata, la storia riassume accuratamente gli argomenti sul perché la morfologia (la forma) è importante nella progettazione dei robot e perché il detto di Louis Sullivan del 1896 che la forma segue la funzione risuona ancora oggi. La storia è ambientata in un futuro prossimo in cui i robot sono all’ordine del giorno, ma tutti i robot sono androidi costruiti da Robinc (il nickname di Robots Incorporated). Lo scienziato MacGuffin invece di costruire costosi robot generici, costruirà robot economici ottimizzati per un unico scopo. Invece degli Universal Robots di Rossum, sotto la direzione del nostro eroe Doug Quinby, costruiranno i robot Usuform di Quinby (“usuform” è la parola che hanno creato per catturare la “forma orientata all’uso” invece di “universale”).

Forma e funzione

Il gioco dell’imitazione ci spaventa, perché non siamo in grado di competere con sistemi automatici universali, e tendiamo a “proiettare” sul prossimo le nostre debolezze ed i problei irrisolti. Quando però il prossimo è una macchina, perdere al gioco dell’imitazione diventa psicologicamente pericoloso.

Fortunatamente, non esiste al momento un sistema di Intelligenza Artificiale (AI) in grado di competere con il nostro cervello, e siamo anche lontani dal poterne concepire uno.

Robotica

A rendere le cose ancor più semplici per l’essere umano, grazie a Boucher abbiamo oggi una serie di robot “usuformi” e non generici: nessuno si preoccuperà se un robot aspirapolvere da pavimento lavorerà meglio di un umano, o se il braccio meccanico di uno stabilimento automobilistico riuscirà a montare uno sportello più velocemente e con maggior cura di un essere umano, almeno finché l’essere umano avrà tempo e voglia di migliorare la propria posizione sociale studiando e approfondendo argomenti più mentalmente coinvolgenti e difficili da riprodurre, come l’astrazione e la generalizzazione delle attività robotiche. Venendo a mancare il “confronto diretto” il concetto di “robot universale” viene a cadere, portandosi dietro tutti gli orpelli fisolofici e morali visti in precedenza: una sveglia elettronica resta “un pezzo di ferro”, anche se è stata programmata a lanciare lamenti terrorizzati quando ci avviciniamo con un martello in mano…

Bibliografia

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Definire ciò che si è non risulta mai semplice o intuitivo, in specie quando nella vita si cerca costantemente di migliorarsi, di crescere tanto professionalmente quanto emotivamente. Lavoro per contribuire al mutamento dei settori cardine della computer science e per offrire sintesi ragionate e consulenza ad aziende e pubblicazioni ICT, ma anche perche’ ciò che riesco a portare a termine mi dà soddisfazione, piacere. Così come mi piace suonare (sax, tastiere, chitarra), cantare, scrivere (ho pubblicato 350 articoli scientfici e 3 libri sinora, ma non ho concluso ciò che ho da dire), leggere, Adoro la matematica, la logica, la filosofia, la scienza e la tecnologia, ed inseguo quel concetto di homo novus rinascimentale, cercando di completare quelle sezioni della mia vita che ancora appaiono poco ricche.

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