Alla scoperta di fotodiodo e fotoresistenza, due componenti elettronici dal comportamento simile ma dal funzionamento differente.
Oggi ci occuperemo di due componenti elettronici ben noti ai prototypers elettronici: si tratta di elementi destinati a catturare il livello di luminosità ambientale e in qualche modo rappresentarne il contenuto attraverso diversi livelli elettrici. Ma mentre quasi tutti sono in grado di inserirli correttamente in un circuito, sono molti di meno quelli che ne capiscono le ragioni di funzionamento.
Analizzeremo rapidamente le caratteristiche dei due componenti, quindi presentremo uno schema e vedremo in cosa si somigliano e in cosa differiscono.
La fotoresistenza, o fotoresistore (meno usato), è un componente passivo il cui valore di resistenza elettrico non è fissato, ma è inversamente proporzionale alla quantità di luce (fotoni) che lo colpisce. Si comporta come un normale resistore, ma il suo valore in ohm diminuisce a mano a mano che aumenta l’intensità della luce che riceve. Pertanto la corrente elettrica che transita attraverso tale componente è proporzionale all’intensità della sorgente luminosa. Si tratta di una sorta di potenziometro che cambia il valore della resistenza tramite la luce anziché tramite forze meccaniche o segnali elettrici.
Mentre la resistenza “di buio” è molto elevata, la resistenza @ lux varia in media tra 1 e 10 kohm.
Il fotodiodo è un particolare tipo di diodo fotorilevatore che funziona come sensore ottico sfruttando l’effetto fotovoltaico. Anch’esso è un trasduttore da un segnale ottico ad un segnale elettrico, ma anziché modificare la resistenza del circuito in cui è inserito, produce una piccola corrente tra le giunzioni N e P.
Il fotodiodo opera correttamente se polarizzato inversamente, e cioè se la tensione ai propri terminali si presenta più alta nella zona n che nella zona p. In questo caso, il campo elettrico di built-in, presente in tutti i dispositivi a giunzione, tenderà ad aumentare di intensità favorendo la creazione di una zona di svuotamento (depletion region).
Entrambi i componenti vengono associati ad un resistore collegato al ground, ma il valore di tale resistore è ovviamente differente: in un circuito alimentato a 5 Vcc, la fotoresistenza richiede un resistore di circa 1 kΩ mentre il fotodiodo lavora con un resistore di 100 kΩ
Come si evince dalle immagini, i circuiti ed i sorgenti sono identici a meno del resistore. I valori del resistore sono legati alle misurazioni: è possibile calibrarli secondo la Legge di Ohm per ottenere il range dei valori richiesti.
Ma in cosa si differenziano questi componenti? Quando è il caso di di sceglierne uno anziché l’altro?
La fotoresistenza offre un andamento più progressivo nel tempo: i valori di resistenza sono, per così dire, più lenti ad aggiornarsi, mentre il fotodiodo risponde immediatamente con il cambiamento dello stato di luminosità.
Il fotodiodo produce correnti molto piccole, che talvolta necessitano di una amplificazione con un componente attivo che aumenta il consumo elettrico del circuito.
La maggior parte delle fotoresistenze non possono rilevare bassi livelli di luce e potrebbero non funzionare in determinate condizioni di luce crepuscolare: la carenza di luce solare, durante una giornata nuvolosa, può rendere il dispositivo non funzionante.
Occorre quindi scegliere il componente giusto con cognizione di causa: fortunatamente utilizzando questo articolo e il sito Tinkercad, sarà possibile testare il proprio circuito e ottimizzare la scelta dei componenti, quindi montare il circuito su di una breadboard e misurarne gli effettivi valori (ogni componente ha una certa percentuale di tolleranza…).
In fondo è così che si acquisisce esperienza nel prototyping.
Link utili
- Arduino UNO R3
- Elegoo UNO R3
- Arduino Starter Kit per principianti
- Elegoo Advanced Starter Kit
- Arduino Nano