Non è un mistero che le scienze dei materiali stiano da tempo studiando un modo per andare oltre il silicio nell’elettronica. Il candidato principale è il nanotubo di carbonio, che si presenta naturalmente in forme semi-conduttive, ha proprietà elettriche fantastiche ed è estremamente piccolo. Sfortunatamente, si è rivelato estremamente difficile far crescere i nanotubi dove sono necessari e altrettanto difficile manipolarli per posizionarli nel posto giusto. Sono stati compiuti alcuni progressi nel risolvere questi problemi, ma i risultati sono stati provati in dimostrazioni troppo limitati per essere davvero fattibili su scala produttiva.
I ricercatori hanno usato i nanotubi di carbonio per realizzare un processore generico conforme a RISC-V in grado di gestire le istruzioni a 32 bit e indirizzare la memoria a 16 bit. Chiariamo subito che le prestazioni sono modeste, ma il processore ha eseguito con successo una variante della tradizionale demo di programmazione “Hello world!” È un lavoro impressionante, ma la strada verso la realizzazione di un processore che abbia prestazioni pari a quelle dei processori attuali, è ancora lunghissima.
La strada è in salita
I nanotubi di carbonio sono caratterizzati da diversi problemi: sono semi-conduttivi, ma tendono a non formare naturalmente semiconduttori di tipo p o n (portatori di cariche positive o negative). Nel silicio, queste proprietà sono veicolate dall’aggiunta di piccole quantità di un elemento aggiuntivo, un processo chiamato “drogaggio”, il problema è che i nanotubi sono così piccoli che sono estremamente difficili da drogare. I nanotubi possono essere sintetizzati e quindi creati in laboratorio utilizzando diverse tecniche più o meno complesse grazie alla vaporizzazione del carbonio e all’utilizzo del laser, tuttavia una grande frazione dei nanotubi prodotti presenta imperfezioni che li rendono praticamente inutilizzabili. Occorrerebbe purificare il prodotto, i sistemi per farlo sono numerosi, ma presentano tutti il problema di non essere in grado di separare i nanotubi ideali dai nanotubi difettosi, senza danneggiarli. Il costo di questo tipo di operazione, in relazione allo scarto risultante (anche del 90%), rende proibitivo percorrere attualmente questa strada.
Altri problemi derivano dalla necessità di posizionare i nanotubi in maniera estremamente precisa per far funzionare l’elettronica del processore. Non è ancora possibile farli crescere in una posizione particolare, quindi gli scienziati hanno dovuto crearli separatamente e poi lasciarli depositare sulle superfici. Sfortunatamente, questo processo generalmente crea un sottile film di nanotubi orientati in modo casuale, con zone di aggregazione più fitta rispetto ad altre. Questa casualità e disomogeneità del pattern, rende impossibile qualsiasi applicazione complessa allo stato attuale.
Il nuovo processore è stato realizzato grazie a una collaborazione tra ricercatori e scienziati del MIT e di Analog Devices, Inc., che hanno escogitato un modo per aggirare molti di questi problemi.
Il primo passo è stato quella di accettare il problema della disposizione casuale. Invece di cercare di posizionare un singolo tubo in ogni posizione in cui era necessario, i ricercatori hanno realizzato una superficie di silicio con caratteristiche metalliche sufficientemente grandi da garantire che diversi nanotubi colmino gli spazi tra il metallo. Per sbarazzarsi degli aggregati, hanno depositato uno strato di materiale sopra i nanotubi e poi l’hanno asportato con la sonicazione. Il materiale ha portato con sé gli aggregati, ma ha lasciato intatto lo strato sottostante di nanotubi.
Successivamente, per limitare la presenza dei nanotubi esclusivamente nei punti in cui erano necessari, i ricercatori hanno rimosso la maggior parte dello strato di questi ultimi, lasciandoli solo dove occorreva, aggiungendo uno strato variabile di ossido sopra i nanotubi. Le esatte proprietà degli ossidi, combinate con diversi metalli utilizzati per effettuare le connessioni, potrebbero convertire i nanotubi in semiconduttori di tipo p o n, se necessario. Questo processo è più simile al drogaggio di un’area contenente nanotubi, inoltre è efficace nel controllare il comportamento delle singole giunzioni.
Oltre a queste tecniche, i tecnici hanno deciso di lavorare sul design del chip.
Il tutto sembrerebbe funzionare. Come si può vedere nell’immagine, ha eseguito con successo una variante del tradizionale programma “Hello World” che viene generalmente utilizzato come una leggera introduzione alla sintassi di diversi linguaggi di programmazione.
Tutto secondo i piani… Oppure no?
Nel loro articolo, i ricercatori si concentrano su tutti i modi in cui il loro design esistente potrebbe essere migliorato. Ad esempio, la lunghezza del canale è la distanza tra i contatti metallici “ponticellati” da nanotubi. Tale lunghezza aiuta a impostare la velocità del clock e per RV16X-NANO la velocità del clock era solo di 10 kHz. I contatti metallici dovevano inoltre essere molto ampi per garantire che vi fossero abbastanza nanotubi che li collegassero. Sappiamo in teoria che sono possibili miglioramenti in entrambi i casi, aumentare la velocità è un’opzione definita con questo tipo approccio.
Il problema è che questo design deve tollerare i nanotubi metallici (anziché eliminarli), pertanto occorreranno sempre più nanotubi del necessario in ciascun transistor. Il design deve anche essere abbastanza ampio in modo tale da avere alcuni nanotubi in cattivi orientamenti, ma allo stesso tempo dovrà esserci abbastanza spazio per formare contatti funzionali.
Potrebbe anche esserci un costo in termini di conteggio totale dei transistor coinvolti nel lavorare attorno alla presenza di nanotubi metallici attraverso l’architettura, sebbene ciò probabilmente varierà a seconda dello scopo di una data unità funzionale.
Questi problemi dovranno necessariamente essere risolti. Non c’è nulla in questo processo che impedisca la riduzione della lunghezza del gate, il che comporterebbe aumenti della velocità di clock. Alcuni degli altri problemi si risolverebbero automaticamente se si trovasse un modo per creare una pura fonte di nanotubi semiconduttori. I lavori sono ovviamente in corso, ma finchè non si riuscirà a venirne a capo, l’intera tecnologia risulterà limitata.
L’obiettivo finale è la realizzazione di un transistor a singolo nanotubo, che richiederebbe però la capacità di controllare il posizionamento su un chip del nanotubo stesso. Al momento, questo risultato sembra un obiettivo lontanissimo.