Il Raspberry PI 4 è potente. Molto potente, rispetto ai fratelli minori. E necessita di un miglior raffreddamento.
La richiesta energetica del nostro SBC risulta piuttosto elevata: quasi 8W a pieno carico, ovvero circa il 18% più del PI 3.
Effetto Joule
La legge di Joule nella formulazione più generale implica la trasformazione di energia elettrica in altre forme di energia in cui il calore sviluppato è solo un effetto non voluto e nei limiti del possibile da rendere trascurabile. In altri termini, parte dell’energia si trasforma in calore da dissipare. Ora, per le leggi della Termodinamica, per massimizzare l’efficienza di una qualsiasi macchina (ivi compreso il nostro PI) occorre fare in modo che l’energia venga dissipata al più presto, onde evitare al circuito uno shock termico ed un conseguente degrado delle prestazioni.
Nei sistemi classici che utilizzano processori Intel o AMD siamo avvezzi installare enormi sistemi di dissipazione del calore, radiatori passivi in rame e ventole complete di RGB. Se contiamo di sfruttare al massimo le prestazioni del nostro piccolo amico, conviene dotarlo di un minimo di aiuto nell’eliminare il calore creato. Il Raspberry, infatti, quando sottoposto a sforzi che ne aumentano la produzione di calore (quindi quando lavora a piena potenza), tende ad eseguire throttling, ovvero abbassa la frequenza di utilizzo per diminuire la differenza di temperatura tra il chip e l’esterno (un paio di articoli su questo tema sono già in lavorazione).
Se utilizziamo il nostro PI come webserver o come streamer di audio o video, la soluzione qui di seguito potrebbe tranquillamente fare al caso nostro. Si tratta di kit contenente dissipatori passivi in alluminio anodizzato (disponibile anche in nero) e rame, in grado di offrire una maggiore superficie radiante e di fatto abbassare le temperature di funzionamento della scheda. Esistono diversi kit sul mercato, che si aggirano intorno ai 5 euro.
Ma come affermò John Belushi in Animal House, “Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”. Mentre infatti il Raspberry è stato inizialmente progettato per un utilizzo a richiesta, non necessariamente continuativo, esistono pazzi (come il sottoscritto) che creano interi sistemi di calcolo basati sul Raspy. In tal caso i radiatori passivi non bastano più, occorre un sistema con ventola attiva per ottenere una frequenza di lavoro costante.
Sistemi di raffreddamento attivo
Di seguito mostriamo un sistema composto di ventola montata sopra il chipset, in grado di aspirare il calore prodotto dal silicio lontano dal PCB.
Si tratta del Docker PI Power Board, in vendita su Amazon.it intorno ai 24 euro.
DockerPi PowerBoard viene utilizzato per potenziare il Raspberry Pi (o SBC similari) utilizzando una potenza tipica di 20W (5V/4A), e può lavorare con potenze sino a 25W (5V/5A) con dissipatori sufficientemente efficienti. Power Board consente anche di alimentare altri moduli della famiglia DockerPi per garantire la sicurezza dell’intero stadio di alimentazione. Ovviamente è presente una funzione di safe shutdown, il supporto del controllo remoto IR ed un pulsante di controllo.
E se ancora non vi basta, ecco a voi ICE Tower CPU cooling.
Per meno di 20 dollari potrete acquistare una struttura Tower, tubi in rame da 5mm, multi-layer heat sinks, una potente ventola a 7 lame. L’intera fornitura fornisce un sistema di raffreddamento di riferimento per Raspberry Pi 4 e 3. In caso di overclocking, il sistema riesce a ridurre la temperatura del the Raspberry Pi da 80℃ a 40℃.
Certo, in questo modo le caratteristiche di miniaturizzazione, di portabilità, di economicità e di basso consumo tipiche di Raspy vengono meno, ma il nostro SBC è talmente versatile che conviene tener d’occhio tutte le sue possibili incarnazioni, per essere pronti a cogliere al volo ogni opportunità di sviluppo.